sabato 26 aprile 2014

25 aprile 2014: Essere partigiani oggi


25 aprile 1945: 69 anni fa l'Italia iniziò la sua marcia per la liberazione dall'occupazione nazista e dal ventennio fascista. Sciopero generale, rivolta e infine quel percorso che portò dal Comitato di Liberazione Nazionale al referendum del '46, fino all'approvazione della nostra Carta Costituzionale e alla fondazione della nostra Repubblica democratica e antifascista.

Antifascismo. È questa la parola obbligatoria da scandire senza pudore, senza timidezza e con orgoglio nella nostra Molfetta come in tutta Italia 69 anni dopo la liberazione. Antifascismo, non come una bandiera consumata, come una medaglia al valore, come una spilletta da esibire per marchiare una diversità di facciata, non come la sciarpetta da ultras di una tifoseria. Antifascismo come matrice indiscutibile della nostra storia e del nostro futuro. Antifascismo obbligatorio, sancito dalle tre culture che in Italia hanno ricostruito, dopo il '45, le basi per la convivenza democratica degli anni a venire fino ai giorni nostri. Le tre culture che oggi abitano pienamente e orgogliosamente il nostro cammino: quella comunista, quella socialista liberale e quella cattolico-democratica.

Era antifascista Gaetano Salvemini, il più illustre dei nostri concittadini, ispiratore, a Firenze, del movimenti Giustizia e Libertà, maestro dei fratelli Carlo e Nello Rosselli, morti su ordine dei vertici fascisti. Erano antifascisti Carlo Muscetta e Tommaso Fiore, che tra gli anni Trenta e Quaranta furono professori di libertà nel nostro Liceo Classico, a Corso Umberto. Muscetta fu violentato con l'olio di ricino per la sua attività di "proselitismo liberale" tra i ragazzi. Tommaso Fiore per un anno abitò a Piazza Paradiso e perse il figlio adolescente Graziano nell'eccidio barese di via Nicolò dell'Arca. Conobbe anche l'esperienza del confino e i suoi studenti – Saverio Tattoli, Giovanni Minervini e molti altri – lo salutarono dalla banchina della stazione di Molfetta mentre aveva sul treno già le catene ai polsi. Era antifascista Manfredi Azzarita, grande animatore della resistenza romana, uno dei 355 morti ammazzati e trucidati delle Fosse Ardeatine, che abbiamo visitato con il Presidente del Consiglio comunale e con un pulmann di 50 studenti molfettesi lo scorso febbraio, nel primo viaggio della memoria organizzato dal comune di Molfetta a Roma. Senza dimenticare gli altri molfettesi partigiani che hanno contribuito alla liberazione: Minguccio il barbiere, detto Figaro, attivo nella brigata Garibaldi, nell'astigiano. E molti altri, come Pasquale Petroli, che partecipò alle giornate di Parma, o Mauro Manente, attivo nella guerra di liberazione padovana. O Antonio Gadaleta, il papà del nostro comandante dei vigili urbani. Era ed è antifascista Piero Terracina, a cui abbiamo voluto conferire la cittadinanza onoraria molfettese, uno dei milioni (milioni!) di ebrei deportati nei campi di concentramento, esattamente ad Auschwitz Birkenau, tornato e sopravvissuto e instancabile testimone di memoria. 

Riscopriamolo, allora, il valore di essere antifascisti e partigiani. Non indossiamo queste due parole come una strana vergogna, talvolta addirittura come una colpa. Non lasciamoci avvilire dal moderatismo e dall'ansia della neutralità e dell'equidistanza. Non lasciamo erodere la nostra passione infuocata dalla tentazione di un revisionismo velenoso e pericoloso. La memoria è una cosa seria. E il futuro è una cosa altrettanto seria. Non si costruisce nessun futuro senza memoria e non si costruisce nessun futuro senza essere partigiani. Che significa molto semplicemente avere il coraggio di stare da una parte. 

Da che parte stiamo, nella resistenza quotidiana a cui siamo chiamati? Dalla parte di chi traffica rifiuti e li nasconde sotto le nostre campagne? Dalla parte di chi usa la cosa pubblica per arricchire se stesso o per piegare le leggi agli interessi privati? Dalla parte di chi coltiva l'individualismo e nel culto di una competizione sfrenata dimentica la necessità di garantire par opportunità di accesso alla scuola, al lavoro, alla sanità a tutti? 

No. Noi siamo quelli che stanno dall'altra parte della barricata. I partigiani della legalità. I partigiani dello Stato Sociale e della difesa a denti stretti della scuola pubblica e della sanità pubblica. Gli amici del sindacato e delle lotte per i diritti dei lavoratori e del diritto dei lavoratori a non morire sul posto di lavoro. I partigiani della sostenibilità ambientale, perché nessuno sviluppo economico può giustificare il consumo irresponsabile e indiscriminato dei beni comuni.

Concludo con un fatto di cronaca.

Ho letto che a Pordenone, 24 ore fa, il Prefetto voleva vietare che fosse suonato l'inno della Resistenza partigiana. Per evitare turbamento al'ordine pubblico. Anche a Molfetta oggi qualcuno mi ha avvicinato e mi ha detto: “Sindaco, sei sicura che la dobbiamo suonare, Bella Ciao?”.

Cari cittadini della nostra Molfetta piena di storia e storie luminose, sono sicura che la dobbiamo suonare Bella Ciao!

E sono sicura che dobbiamo restare antifascisti e partigiani di cose buone. 

E sono sicura che il 25 aprile dobbiamo portarcelo addosso 365 giorni l'anno.

Buona Resistenza.

(Discorso del Sindaco Paola Natalicchio per l'anniversario della Festa della liberazione)